martedì 22 maggio 2007

L'automobile

Per quanto oggi io sia un assiduo frequentatore di mezzi pubblici ed un camminatore alla stregua degli aborigeni australiani, non posso negare che anche per me, italiano vero, l’automobile (o, come direbbe il Pascoli, "l’automobiletto") ha un valore e significato che trascende la lamiera (plastica, alluminio, radica, eccetera). Prescindendo dalle collezioni Politoys dell’infanzia (ah, quella meravigliosa Alfa Romeo 2000 Berlina Blu con Roulotte comprata alla Standa rubando il resto della spesa a mia madre! (uno dei due, tre schiaffi ricevuti, in tutto, nella vita e nella fattispecie meritato), dai Classici dell’Audacia di Michel Vaillant e Steve Warson, alla Paperopoli 313 Rossa, alla Jaguar E Spyder Rossa Dinkytoys con ruote autosterzanti, sportelli apribili, sedili ribaltabili, capotte smontabile, molti momenti topici sono legati all’automobile. Sulla giostra in villa, accompagnati dalla nonna, mio fratello che piange dalla paura, seduti nell’auto dei pompieri "premi questo tasto, così suona la sirena!"; mio fratello, con il cappottino marrone ed una scarpa sempre slacciata ("allaccia la scarpa a tuo fratello, altrimenti cade"), sul cofano della Giulietta bianca di papà o sul sedile posteriore della Giulietta bianca dello zio (negli anni ’60 sfoggiava camicie bianche con le maniche arrotolate ed occhiali da sole, come del resto tutti i suoi amici). I primi viaggi verso la Capitale con mio padre ("non diciamo alla mamma che abbiamo preso i 160, altrimenti si preoccupa") e gli ultimi, prima della sua morte ("pà, svegliati, siamo arrivati (anche se lo so che stai facendo finta di dormire per farmi guidare più tranquillo); ci abbiamo messo tre ore e dieci minuti!"). E come dimenticare la mia prima Fiat 850 Berlina Avana Usata Ma Tenuta Bene (chiacchiere: alzando i tappetini si vedeva l’asfalto scorrere sotto ed ogni 100 km aggiungevo acqua da una serie di bottiglie che occupavano tutto il sedile posteriore in vera finta pelle rosso scuro (i sedili anteriori erano in vera finta pelle avana)); una macchina mitica, costata ben ottantamilalire, che mi dava un tocco di assoluta signorilità, che non ha mai visto più di cinquecento lire di super alla volta e nella quale, insieme agli amici della Blues Band, ascoltavamo le prove su un mangiacasette Audiola collegato con fili volanti alle casse autocostruite ed alla batteria (sempre a terra): " Ah ragà, se dobbiamo ascoltare le prove, poi mi date una spinta per metterla in moto… Nooo! Non levare la molletta dal finestrino, che poi cade giù e devo smontare il pannello per rialzare il vetro! Sì, un giorno di questi rimetto il deflettore: tanto il cartone è avana come l’auto; s’intona!).
Basta, per oggi. La nostalgia è troppa anche per un cammelliere come me, abituato a duri percorsi sotto il sole cocente e con poca acqua. Si continui il cammino seguendo rare e labili tracce sulla sabbia: che la luce che ferisce gli occhi ci liberi dai ricordi bruciandoceli nel cuore.
(foto Giangy)

lunedì 21 maggio 2007

Rifiuto i rifiuti

Il disservizio dell'Azienda Municipalizzata Igiene Urbana pare sia cosa passata. Abbiamo vissuto qualche giorno nella stessa atmosfera, per altro ricorrente, vissuta la scorsa estate. Con cassonetti sommersi di spazzatura, imbecilli che trovano come miglior soluzione dar fuoco al tutto (con conseguente sviluppo di diossina ed altri fumi tossici), interventi dei Vigili del Fuoco (con conseguente aggravio della spesa pubblica), etc. Fin qui tutto normale.
Gli è che per me e molti "nuovi poveri" della mia generazione (precari, cammellieri, equilibristi del postdatato, acrobati del finemese, etc.) camminare tra i rifiuti ci umilia vieppiù in quanto, da sempre, stiamo attenti a differenziare i nostri esigui rifiuti, camminando sino ai cassonetti della raccolta differenziata con buste di vetro, plastica, carta; da sempre usciamo dal tabaccaio ed apriamo il pacchetto di sigarette vicino ad un cestino dei rifiuti cercando, con l'esempio, di far capire all'adolescente che sputa la "cingomma" a terra, entra a comprare le sigarette, apre il pacchetto davanti il negozio, accende la sigaretta, apre la nuova confezione di "cingomme", ne scarta una da masticare fumando (con grave danno dei suoi succhi gastrici: ma so' fatti suoi), getta anche questa carta a terra; cerchiamo, dicevo, di far capire che ci si sente ancor più poveri a camminare in una realtà "sporca".
E non mi consola assolutamente, ma anzi mi fa precipitare in una crisi di tristezza da impotenza, sapere che il pesce puzza dalla testa.
Fosse per me, a queste amministrative, darei il voto a chi mi promettesse: "Caro amico, al di là della giustizia o meno degli scioperi degli addetti alla Nettezza Urbana; al di là del dissesto, vero o presento, dell'azienda in questione; al di là di tutto, mio amico povero, ti prometto che, dopo la prima sera passata con i cassonetti pieni, precetterò militari e protezione civile per dare la possibilità a te ed ai tuoi figli poveri di poter camminare tra strade pulite. Perché mi rendo conto che ti senti ancora più povero fra la monnezza".
(foto Giangy)