giovedì 21 giugno 2007

Jack Bruce-Automatic Pilot

Giro così come arrivata

(foto Giangy)
Forse ancora non conoscete questa notizia, anche perché i negozianti di telefonini la tengano riservata!
Un modo semplice per rendere inutile il furto di telefonini.
Niente furti, niente acquisti di cellulari nuovi!
Una specie di rivincita se rubano il vostro telefonino: per ottenere il numero di serie del vostro telefono battete i tasti *#06# Immediatamente, senza nemmeno confermare con il tasto di chiamata, un codice a 15 cifre apparirà sullo schermo. Questo codice è unico: annotatelo e conservatelo preziosamente.
Se vi rubano il telefono, telefonate al vostro operatore e dategli questo codice: il telefono potrà essere completamente bloccato, anche se il ladro cambia la scheda SIM.
Non recupererete probabilmente il vostro telefono, ma siete almeno sicuri che nessuno potrà usarlo. Se tutti prendono questa precauzione, il furto di telefonini diventerà inutile (o meno utile n.d.r.)

ALTRA INFORMAZIONE UTILE
I gestori fanno tanta pubblicità al servizio di number portability (la possibilità di passare da un gestore all'altro mantenendo il vecchio numero del telefonino) ma nessuno di loro spiega quanto l'adesione a macchia di Leopardo a questo servizio stia costando a noi, ignari consumatori.
Mi spiego meglio:
La maggior parte dei contratti (con abbonamento o con prepagate), prevedono un costo molto basso per le telefonate fra clienti dello stesso gestore (solitamente 10 o 12 cent al minuto) ma costi ancora sproporzionalmente alti per telefonate effettuate all'indirizzo di un abbonato di un gestore diverso dal proprio (per le quali si arriva a pagare anche 25, e più, cent al minuto).
Oggi, a causa della possibilità offertaci di migrare da un gestore all'altro senza cambiare il proprio numero del cellulare, il prefisso non identifica più il gestore (prima i 340, 347, 348, 349 etc eravamo certi fossero vodafone e i 335, 337, 338, 339, 333, etc eravamo certi fossero tim) e anche quelle telefonate che pensiamo costino poco possono in realtà costarci parecchio!
Ad esempio una telefonata di 10 minuti fatta pensando che costi, fra scatto alla risposta e tariffa, intorno a 1,3 euro, potrebbe in realtà costarvi 3 euro!
Un modo per risparmiare, o comunque per sapere se la telefonata che stiamo per fare ci costerà poco o molto, in realtà esiste, ma come è logico, nessun gestore lo pubblicizza perchè è maggiore l'interesse a mantenere i propri clienti all'oscuro della cosa.

Sarà sufficiente anteporre al numero che si sta chiamando un codice numerico: 456 per i clienti vodafone e 4884 per i clienti tim, affinchè una gentilissima e "gratuita" voce di donna ci comunichi a che gestore oggi appartiene il numero che stiamo chiamando, per poi lanciare in automatico la chiamata che saremo liberi di accettare, rifiutare o, se necessaria, rendere più breve possibile.
Immagino che lo stesso servizio sia garantito anche dagli altri gestori (3 e wind) e che sia sufficiente chiedere il codice da anteporre alle chiamate ai servizi clienti.

Buone telefonate (senza sorprese) a tutti!

mercoledì 20 giugno 2007

La vera storia di Biancaneve ed i 7 nani


Eravamo io, Brigitte Bardot e Carlo Marx e prendevamo un caffè al solito tavolino del Bar Uffa e si parlava del più e del meno in quanto lo spettro non vagava ancora per l’Europa, a me avevano pagato un lavoro e BB viveva uno dei suoi soliti amori tumultuosi, tutto labbra imbronciate e accenti parigini (le foche non erano ancora nei suoi interessi). Che tempi felici! E non so perché, da una cosa ne nasce un’altra, la miniera, la lotta di classe, lo zucchero nel caffè, insomma Brigitte se ne esce con: “Ve la racconto io la vera storia di Biancaneve!”. E poiché l’ora dell’aperitivo era ancora lontana, fra un Pernod, una Gouloise ed un oh-lalà, ci narrò:
Biancaneve, soprannome di Rodolfo de Marinis, ultimo rampollo di una ricca casata toscana, così conosciuto per la sua frequentazione con l’eroina. Da non confondere con l’altro Biancaneve, al secolo Gavino Cucuddo, trans sardo che lavorò per anni al “Pan di Zucchero” di Genova, forno aperto, nei primi anni cinquanta, da Gennaro Esposito, emigrante di ritorno dal Brasile, meglio conosciuto come Gegia. Gavino doveva il suo soprannome al fatto che, ritirandosi al mattino sporco di farina tra i vicoli della città di mare, fu ben presto conosciuto tra i portuali come Biancaneve, appunto.
Tornando al nostro: rimasto orfano in tenera età, venuto su da solo nell’antica villa paterna, affidato alle cure di una anziana governante e capace di dilapidare in pochi anni una solida ricchezza fatta di vigneti da far invidia a Sting, ai tempi della nostra storia si arrangiava trafficando neve in serate a base di veline, sottosegretari, calciatori, fotografi e varia umanità, guadagnandosi, in effetti, la fama di spacciatore serio di robbba buona. Ai tempi della nostra storia abitava, da solo, un quarto piano di ringhiera ai navigli e si riforniva, abitualmente, con dei frequenti viaggi in Olanda che compiva con la scusa d’andare ad accudire la zia materna, ultima parente rimastagli, dalla quale soleva accomiatarsi con un “Grazie zia” che… ma questa è un’altra storia!
Accadde che un giorno, per un ritardo dovuto ad uno sciopero dei controllori di volo a Linate, arrivasse ad Amsterdam a tarda notte e venisse contattato dall’autista, nano, del pulmino “La Miniera: bed and breakfast”. Costui, che di nome faceva Rotto, lo convinse a cenare e pernottare presso l’esercizio alberghiero di cui sopra “…a 10 minuti dalla città, dottò!”.
E qui inizia il periodo più bello della vita di Biancaneve. I nani erano sette: Rotto, Rantolo, Embolo, Mongolo, Pìstolo, Dammelo e Lucciolo, l’ultimo e più carino! Sette bisex dotati della virtù meno apparente e, tra tutte, più indecente… Si presero, a lungo, cura di lui.
Qui Brigitte fece una pausa, esalando dal suo nasino perfetto una sottile voluta di fumo blù: “O si chiamavano Mandalo, Sfondalo, Sandalo, Prendilo, Godilo, Leccalo, Tienilo? Non ricordo. Curalo? Sotto? Fotto? Pongolo? Caccialo? Comunque…”
Comunque Biancaneve non lasciò più La Miniera. Il tempo scorreva dolce e lento: le sue giornate erano felici, le sue notti pure.
Rantolo, Embolo e Mongolo al mattino si allontanavano verso Amsterdam, dove avevano un rinomato esercizio di Tattoo molto frequentato dai marinai di passaggio in città per via di alcuni tatuaggi nei quali si erano specializzati tipo: Allungami il serpente, Sembra un bulldog ma è un lungo bassotto, e via dicendo.
Pistolo, Dammelo e Lucciolo eran ormai ben introdotti quali attori di compagnie teatrali che solevano esibirsi in case occupate, spesso con l’accondiscendente sovvenzione della Municipalità, e tenevano alta la fama di trasgressione che accompagna, ancor oggi, il nome della città.
Rotto, il più anziano dei sette, dopo una vita che a narrarla tutta ci vorrebbe un’altra vita, pur non rinunciando del tutto ai piaceri materiali, soleva compensare l’ultima rottura, quella delle scatole, immergendosi nella pittura d’enormi tele bianche, sulle quali riusciva a far rivivere le angosce passate e l’ottimismo ancora vivo in lui, con pennellate poetiche che apportava alla tela usando direttamente il suo smisurato membro intinto nel colore. Famoso il suo “La Farfallina e l’Elefante”, oggi esposto al Museo d’Arte Moderna di New York.
Insomma a Biancaneve capitava spesso di rimaner sola, al mattino, alla reception e quei momenti erano per lei i più dolci: immaginava languide storie sbirciando fra i dati dei clienti della Miniera; alle sue spalle, sempre acceso, il monitor con i suoi film preferiti (Cappuccetto Rotto, I tre Maialini ed il Lupo, La Bella Addormentata nel Chiosco, etc); dalla cucina l’odore dei krauti che bollivano per i wrustel dei suoi sette nani presto di ritorno…
Accadde, però, che un giorno passasse di lì una sua vecchia conoscenza. Il ragionier Domenico (Mimino) Rossi, impiegato in una rinomata agenzia pubblicitaria milanese nella quale, a furia d’accomodamenti, era riuscito, in pochi anni, a passare da semplice agente procacciatore a vero e proprio braccio destro del Direttore di filiale (evidentemente mancino); il ragioniere era in vacanza premio per l’ottimo lavoro svolto a Milano e dintorni ed aveva conosciuto Biancaneve durante una di quelle feste che l’agenzia soleva metter su a completo godimento dei clienti più importanti, con intrattenimenti importanti, una volta che questi avevano firmato contratti importanti. Il Rossi era rimasto affascinato dalla grazia e dalla gentilezza di Biancaneve ma quest’ultimo non aveva accondisceso alle sue voglie preferendogli, per tutta la serata, la compagnia di un palestrato giovane “del mondo dello spettacolo”, ben noto al vasto pubblico delle massaie italiane dopo pranzo videodipendenti. E noi tutti ben sappiamo come l’amore rifiutato si trasformi spesso in odio. Quale occasione migliore?
Mimino si avvicinò alla reception mostrando di non riconoscere Biancaneve e prenotò una camera doppia per se e per il suo accompagnatore, un noto imprenditore dell’Europa dell’est, già animatore di parecchi salotti bene lombardi, già ospite delle patrie galere, rinato a nuova verginità nel nostro Paese, balzato prepotentemente agli onori della cronaca rosa in occorrenza del suo patinato matrimonio con Gry Milde, avvenente porno star montenegrina, al momento in cui scriviamo in predicato di presentare il 3.476° Festival della Canzone di San Remo,… ma non divaghiamo.

lunedì 18 giugno 2007

Glicine

(Foto Giangy)

Farfalla

La mamma di questa farfalla, farfalla anch'essa, partecipò, come comparsa, al video Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band dei Beatles.

(Foto Giangy)